Rinaldo's World's Best Places: Da Perla e Alessandro, Ristorante Acquarol

“Io per te” di Alessandro Bellingeri non è solo un percorso gustativo ma un vero e proprio viaggio. Anzi, un sentiero percorrendo il quale questo viaggio si svolge. Proprio come una strada acciottolata immersa nei boschi, si inerpica e s’insinua tra le vallate del gusto e le sensazioni del territorio sul quale poggia le fondamenta.

 

E si inizia a far capolino in questo bosco fin dall’ingresso nel locale, luminoso e moderno, in grado di trasmettere però – attraverso gli arredi e i materiali – l’accoglienza tattile e visiva che si riceve quando ci si approccia alla macchia. E’ un prevalere di legno e forme che danno al tempo stesso nitidezza e comfort, calore e linearità.

La partenza dell’escursione gustativa è delicata ma evocativa: crocchetta di malga aglio nero e vaniglia, cracker di ventresca di branzino e rapa di prezzemolo introducono e contornano un insolito arrosto, nel quale la potenza di un consommè di agnello che rende tutto il suo bouquet nell’ampio bicchiere in cui viene servito si fonde e confonde con la densa cremosità dei suoi fegati.

Roots & Muds – crosne, scorzonera, radici di cerfoglio e topinambur è invece una portata in cui l’orto entra nel piatto, dando a chi lo assaggia la percezione di approcciarsi a radici colte in tardo autunno da un suolo appena smosso, ancora umido della rugiada mattutina, in grado di preannunciare la ricchezza primaverile-estiva di quelle stesse terre, per le quali oltre all’orto anche la raccolta a tutto tondo di erbe, fiori, radici spontanee (quelli in linea coi tempi lo chiamano foraging) rappresenta una vera e propria miniera da cui estrarre pepite sensoriali preziose e uniche.

Animelle di vitello affumicate, cipollotti senape, foglie e caffè di campo unisce un grande classico della tradizione contadina locale (e non solo), ossia le animelle, a contaminazioni sensoriali che fanno di questo piatto un emblema del mix di culture permeanti l’Acquarol. E’ proprio nella “polvere magica” del caffè di campo, e nelle altre che la seguiranno nelle portate successive, che alberga uno dei segreti dello chef-stregone, in grado attraverso l’ibridazione dei sensi di mettere a confronto in un unico pasto la materia prima radicata nel territorio con tecniche esotiche e contaminazioni culturali.

Ma è sul crudo di trota marmorata, emulsione di midollo, betulla e cardoncelli che a nostro avviso si raggiungono alcune, per rimanere in ambito di metafora alpestre, tra le vette più alte e intatte della cucina montana. Immergersi in questo piatto ha il significato di un flashback che riporta a tempi immemori, quando il nostro avo cacciatore-raccoglitore si sedeva sulle rive di un torrente dell’Alto Adige, attorniato dai boschi, e consumava il pescato appena estratto dalle gelide e limpide acque sorgive. Ecco, nel crudo – attraverso il quale lo chef è in grado di dare rappresentazione perfetta delle tecniche di affumicatura e cura delle materie prime – si può cogliere la consistenza netta della trota, avvolta dal profumo del legno di betulla e della leggera affumicatura del legno di bosco, sostenuta dall’immancabile compagno di escursione, il fungo.

 

Riso Carnaroli, erbe amare, gamberi di fiume e sambuco acerbo è un piatto storico nella carta dello chef, che rappresenta un’insolita proposta in grado di mettere in contrasto la cremosità del Carnaroli con una certa asprezza del sambuco e un naso di fondale, pervasivo ma non intrusivo, dello stesso ruscello dal quale abbiamo pescato la trota.

Salmerino in cera d’api, sedano rapa, polipodio e cerfoglio unisce tre mondi diversi – l’aria, la terra e l’acqua - grazie alla balsamicità della cera che prepara il naso alla rusticità del sedano rapa cedendo poi alla soda ma scioglievole carne del salmerino. Un concentrato odoroso di sapori punteggiato dall’aromatica presenza del polipodio.

Non poteva poi mancare un nobile volatile, lungo questo sentiero. Germano reale allo spiedo, germogli di vite, chinotto e jous al rosmarino declina al modo dello chef un taglio impegnativo mediato dalla tenera astringenza del germoglio di vite e compendiato dalla densa e odorosa riduzione in grado di avvolgere e nobilitare i succhi di cottura della carne.

Soffice al topinambur, gelato ai cavolfiori e pastinache è a pieno titolo un perfetto dolce-non-dolce che ancora una volta costringe l’ospite a chiudere gli occhi ed immergersi nei contrasti che la natura stessa ci offre in questa stagione. Il cavolfiore, in forma di gelato e scaglie, sembra appena colto da un orto sommerso dalla neve e restituisce la croccantezza e freschezza che solo il freddo invernale è in grado di conferire, ma è al tempo stesso sostenuto dalla radicale astringenza del topinambur e della pastinaca.

E dato che il genius loci alberga nelle piccole attenzioni, è a nostro avviso nell’attesa del caffè che si raggiunge un’altra vetta e si afferma ancora una volta l’equilibrio nella capacità di rappresentare le sensazioni, ossia di quelle caratteristiche che fanno di Acquarol un posto da non perdere. Crema bruciata di muschio e muschio verde, l’acquarello e il panettone mette in sequenza una brulèe balsamica e gratificante che ha lasciato il ricordo di sé ben oltre la fine del pranzo con una pralina e, visto il periodo, un lievitato ai frutti rossi che morbidamente serra il palato prima della chiosa definitiva del (buono) classico caffè. Un vero scrigno di bontà.

Il servizio è stato attento e cortese, sull’accostamento dei vini qualche perplessità viene mitigata dall’oggettiva complessità nel trovare un fil rouge in grado di legare un percorso tanto articolato e la presenza di numerose radici e tuberi, polveri, affumicature, a fare da corollario. Insomma, una combinazione di gusti davvero ardua da scalare anche per un “alpienoista” esperto.

 
Dott. Stefano Uggeri
(Esperienza vissuta il 21-12-2021)

 

 

Lascia un commento

Si prega di notare che i commenti sono soggetti ad approvazione prima di essere pubblicati